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diversamente finisher

Inserito da toniodel il 24/11/2013 alle 20:17 nella sezione strada

Mentre tento di tenere un ritmo accettabile, cercando di immaginare il momento in cui le gambe diventeranno di legno e varcherò la soglia di quella zona transagonistica, di attenuazione della coscienza che immagino come un tunnel luminoso dopo il quale, uscendone inebetito, potrei avere delle cose da raccontare a nipoti e personale medico, affiorano dubbi grossi come gonfiabili da arrivo:

-    Ma l’ho deciso io di correre ‘sta maratona?
-    Sarà sano o ne ricaverò quel po’ di traumi che renderanno claudicante la mia vecchiaia e incattivita la mia indole?
-    Come verrò nelle foto?
-    Continuerò a pensare che il golf non sia uno sport?

Mi torna in mente la lettura di un libro, Nati per correre, credo, in cui alcuni atleti keniani chiedevano sommessamente come mai in occidente e nei paesi evoluti ci fossero così tanti cinquantenni (e io ci sono quasi) che corressero e gareggiassero. In fondo è come se in una gara di Formula uno, indietro di alcune gabbie rispetto a Vettel e Alonso, scaldassero i motori anche mio zio iperteso o la resposabile dell’ufficio cambi della mia banca. Cerco di sforzarmi a trovare una risposta, ma piovono altre domande, infide come il vento freddo delle Cascine. Devo cercare di svuotare la testa, e rompere il fiato. Ma forse, se sono al ventiduesimo chilometro, il fiato l’ho già rotto e non posso sperare che si rompa di più. Se penso all’autoreferenzialità di Linus, alla rancorosità di Bastianich e alla boria in libertà di Albanesi, quasi mi convinco che la corsa ci peggiori. Eppoi la maratona, al di là del mito romantico che le si ascrive, è iniziata con un morto all’arrivo (in quel caso il cento per cento dei partecipanti), ed è strano che ne sia nata una disciplina, non l’ho mai capito e men che meno in questo momento.

Questa è solo la mia seconda maratona, la prima è stata Roma in marzo. Niente di che, 4 e 11, al lordo di tre pause sparse tra vari wc chimici (le complicazioni intestinali vanno a nozze, è ovvio, quando c’è della sofferenza) senza le quali forse sarei stato sotto la quarta ora, ma cosa importa? Arrancando come un disperato per piazza del Popolo mi chiedevo come avrebbero commentato Alberto Sordi vestito da vigile o Nino Manfredi con la sua tazzina di caffè, di certo degli ‘anvedi’ seguiti da derisioni a piacere. Per fortuna non si erano palesati nemmeno quelli di Forza Nuova, anche perché molti di loro, pensavo, lottavano per le posizioni di testa. Ricordo l’arrivo in una nube di ottundimento, e i compagni che mi abbracciavano quasi fossi stato liberato da una banda di sequestratori.

Ma ora sono a Firenze, e penso che se arrivo in fondo dedicherò la mia vita agli altri, cercherò una folgorazione finale che mi garantisca una rendita di autostima e buon umore senza dover correre una terza maratona. Non lo so, potrei correre (metaforicamente) le maratone della solidarietà, quelle del gusto o persino quelle del vizio, insomma tutto ciò che non richieda chip e misurazioni federali e lunghissimi alla Tergat. Al 32esimo chilometro però sento che le gambe vanno, e so che mi porteranno al traguardo con una proiezione abbondantemente sotto le quattro ore. Anzi, al 32esimo chilometro, sento che le gambe vanno persino meglio. Al 33esimo penso che il ‘persino’ sia un po’ avventato. Al 34esimo le gambe mi impongono di dimenticare il 32esimo e di iniziare a prendere le distanze dal 33esimo. Al 35esimo sento che mi mancano un po’ di medi, quasi tutti i lunghi e la capacità di soffrire che emerge da moltissimi racconti, alcuni dei quali mi commuovono ancora. Al 36esimo le gambe smettono di andare e diventano materiale inerte. Stacco le spille superiori del pettorale sorridendo a chiunque, vado in hotel (proprio lì a due passi) attraversando Ponte Vecchio, faccio una doccia, mi vesto, esco, restituisco il chip e rientro in albergo, dove i miei amici festeggiano quasi tutti il loro PB. Ma mentre fanno la doccia e li aspetto per andare a pranzare il buio più impenetrabile cala stavolta sulla mia psiche (proprio mentre le gambe rivedono la luce) e dico loro, col quel registro sincero dei pessimi motivatori o dei grandi mitomani: “Ragazzi, se fate Roma io ci sono assolutamente!”

Antonio
(forza Road)

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Commenti
  • ptafuro 30/11/2013 alle 13:15:47 rispondi
    Oh, come ti capisco ...
  • gianlucacrespi 30/11/2013 alle 15:35:45 rispondi
    erano aaaaanni che non ridevo così....
    sei un grande! ciao Gian
  • mt-run 30/11/2013 alle 16:29:21 rispondi
    W i campioni umani!
    Dunque: sappiamo tutti che ci cimentiamo per riuscire; per sfidare i nostri limiti; per crescere... Che migliorare è la cifra di un impegno costruito attorno al sacrificio. C'è n'è così tanta di retorica epica che non serve aggiurgene. (E, per di più, sono tutte cose condivisibili!)
    Ma quando leggo queste confessioni io ritrovo una dimensione che anch'essa fa parte del fascino di questo sport che è molto più di un gesto atletico: l'essere persone umane, che sanno incassare un piccolo fallimento, e ne fanno voglia di ripartire, non necessariamente con il successo che lo annienta.
    Sapete una delle cose che (già un bel po' di anni fa) mi ha avvicinato al Road? Quel bellissimo logo con il tizio che fa l'autostop. Quello rappresenta il mio modo di intendere questa passione: io vado... alla peggio mi fermo e trovo il modo di tornare a casa.
    Bello, ogni tanto, trovare anche compagni di sventura.
    Roma? Si può fare.

    Mario.
  • Valerio79 01/12/2013 alle 20:22:58 rispondi
    Talmente bello...
    ... che l'ho condiviso su fb! Complimenti Antonio!!!!
  • Giuseppe.Mauri 02/12/2013 alle 11:38:29 rispondi
    C'ero pure io ma avrei voluto non esserci!
    Caro Antonio,
    se non avessi letto la tua riflessione avrei evitato di scrivere le mie - mi ero riproposto di non commentare la mia maratona a Firenze.
    Cominciamo a chiarire alcuni punti:
    1. io non mi sono ritirato.
    2. un amatore che si rispetti deve essere prima di tutto un campione di fair play.
    3. quanto scritto al punto 1, riscritto tenendo conto del punto 2, suona così:
    4. io non mi sono ritirato perché il mio albergo era lontano e non avrei saputo come raggiungere il traguardo se non seguendo il tracciato; quindi:
    5. IO MI SONO RITIRATO, ma, essendo passato sotto il traguardo con il chip addosso, sono stato classificato!!

    Che grande giornata, domenica scorsa: tempo magnifico, temperatura perfetta, un sacco di gente, clima da bella festa. Insomma: tutti gli ingredienti per divertirsi... e invece.... invece siamo qui (parlo in prima persona plurale come la Pellegrini!!) a raccontare la storia di una sconfitta causata dalla presunzione.

    Sottotitolo: non è che se hai corso un Ironman allora tutto il resto è una cassata!!

    Sono arrivato a correre la maratona di Firenze perché, dopo Klagenfurt di fatto non avevo più combinato nulla. Tornato dall'Austria era subentrata una sorta di sensazione che nulla fosse di fatto così sfidante, e bastava un minimo contrattempo (per esempio il cattivo tempo previsto a Mergozzo) per convincermi a rinunciare.
    Insomma, come perfettamente sintetizzato dall'archistar Matteo P., era sopravvenuta una sorta di depressione post Ironman che rendeva tutto insipido e un po' noioso.

    Giusto per darci una scrollata decidiamo allora di correre 'sta maratona. In fondo una maratona cos'è, se non la terza frazione di un triatlon lungo? E noi che veniamo dal triathlon (questa l'ho già sentita...) non ci facciamo spaventare da niente.

    Detto fatto, prendo una bella tabella (metodo FIRST, ma vaccag....) e comincio a sciropparmi i miei km, arrivando anche a fare un bel paio di lunghi approfittando delle tapasciate autunnali in brianza, e comunque correndo tutte le domeniche tra i 20 e i 25km (oltre i due lunghi over 30).

    In verità, mentre ci prepariamo non sentiamo l'ansia di chi prepara un evento importante, né la premura di sistemare tutto per bene, curando i dettagli (correrò con un paio di scarpe con oltre 700km nelle suole, cosa che non avrei mai fatto se fossi stato in me...).

    Insomma, arriviamo al giorno della maratona (alla quale peraltro ci iscriviamo all'ultimo minuto), con la convinzione di stare per compiere una sorta di atto dovuto per chiudere la stagione avendo comunque corso qualcosa dopo le vacanze estive.

    A tutti gli amici racconto che l'obbiettivo è quello di fare una bella gita a Firenze, di correre in scioltezza, e tutta una sequela di sciocchezze venate di una certa supponenza.

    In cuor mio sono invece convinto che correrò certamente in meno di quattro ore, visto che l'anno prima a Reggio avevo corso in 4:02 preparandomi tutto sommato meno e che la maratona dell'Ironman l'avevo corsa in 4:38.

    I primi chilometri sono una meraviglia e la fatica che sto facendo per raggiungere i palloncini delle 3:45 non mi preoccupa e lo imputo all'iraddiddio di gente che c'è e che rende difficile correre i primi km.

    Raggiungo i palloncini delle 4:00 che però viaggiano a 5'20".... Chiacchiero con loro facendo il brillante (oh, se andiamo così ci mettiamo 3:30...). Mi rispondono pazienti che loro devono arrivare in quattro ore "official time" e quindi devono chiudere in 3:55 - 3:56. Decido che starò con loro; "devo divertirmi, sono qui per una gita" mi ripeto. In verità sto con loro perchè non riesco ad andare più avanti... E via così, tra una battuta e uno vestito da indiano (che scoprirò essere un tipo che ha fatto oltre 200 maratone...) fino al 18mo km, alla fine delle cascine quando finalmente ammetto a me stesso che sto facendo fatica, per bacco!! (in verità non ho pensato "per bacco", ma questo, caro Antonio, l'avrai ben capito!).
    Al km 21 i palloncini delle quattro ore sono ancora li, li vedo, ma non ci parlo più, anche perché sono quei cento metri avanti per cui dovrei gridare per farmi sentire e non mi sembra il caso...
    Al km 25 anche l'ultimo dei palloncini delle quattro ore (quello che chiudeva il gruppo, mi si sfila e mi lascia. Non riesco a recuperare; sono così pirla che do ancora la colpa agli altri maratoneti (ci siamo infilati nelle stradine del centro e fatico a superare, almeno così mi piaceva pensare).
    In verità sono bello e che cucinato. Mi fermo al ristoro dei 25km e prendo da bere con calma ripartendo camminando.
    Sarà così per tutti i successivi ristori (e anche un paio di spugnaggi).
    Il giovane supponente se ne va definitivamente e resta un uomo di mezza età con le gambe di legno, che procede così lentamente da avere bisogno di coprirsi di nuovo e rimettere i guanti, un uomo con una faccia che è una maschera di sofferenza, delusione e vaga incazzatura con se stesso (da rivedere le riprese degli Asics smiling point!!).
    Arrivo al traguardo con il magone. Il magone al traguardo ormai è una tradizione consolidata, ma questa volta, invece di essere dovuto all'emozione per avercela fatta, è espressione di una delusione profonda e dell'amarezza per aver fatto una figura da pirla, prima di tutto con me stesso.
    Le gambe mi faranno male per un paio di giorni ancora, niente di che, ma la lezione che la maratona mi ha impartito è una di quelle che difficilmente ti dimentichi.

    In sintesi: mai sottovalutare una maratona! Sicuramente ne correrò un'altra nel 2014; non così presto come avrei voluto fare appena arrivato al traguardo (bisogna saper gestire anche lo spirito di rivalsa credo). ma certamente con maggiore consapevolezza e, spero, minore vanagloria!

    Ciao Antonio, ci si vede alla prossima (che per me non sarà certamente Roma!!)

    giuseppe


  • Franz.Rossi 02/12/2013 alle 14:11:58 rispondi
    Sintonizzato
    Caro Antonio,
    mi ero perso questo tuo bel post e me ne rammarico.
    Ho letto e ho scritto tanto sulle maratone, ma poco di così tanto calzante e in sintonia con il mio pensiero e la mia esperienza.

    Ma oltre ad essere estremamente vero è anche molto ben scritto.
    Grazie per il tuo racconto!
    Ci vediamo in qualche gara

    Franz
  • AGF 02/12/2013 alle 16:15:15 rispondi
    Perchè ritirarsi ?
    Mancavano solo sei km ! Una breve passeggiata ............
    Alla mia seconda Maratona (a Milano un bel po' di anni fa), avendo sottovalutato gli sforzi della prima, a Venezia meno di due mesi prima, mi sono trovato al 19° / 20° km con un ginocchio completamente bloccato, impossibile piegarlo! Da ragazzino avevo fatto un anno di marcia, mi ricordavo perfettamente il movimento che prevede la gamba rigida, il ginocchio non deve piegarsi. Così ho cominciato a marciare e sono arrivato alla fine dopo 22 km di marcia. Certo ho segnato un tempo molto alto, ma chissene...! Mi sono comunque divertito.
    Ho avuto la classica crisi del 30° / 35° km due volte ma mi spiaceva ritirarmi, con la fatica che avevo fatto per ritagliare il tempo per allenarmi un minimo, abbandonare quando avevo quasi finito no! Ho stretto i denti e sono arrivato al traguardo, stravolto ma felice di esserci arrivato!
    Alla prossima,
    Andrea
      
  • trullo 03/12/2013 alle 13:28:08 rispondi
    Bellissimo...
    ...Racconto!! Un mito ;)

    Marco Frig